“VITTORIA COLONNA A PESCOCOSTANZO”
Il passato degno di nota, che traspare anche dal più piccolo scorcio di Pescocostanzo, incuriosisce, senz’altro, i turisti che, per la prima volta, fanno tappa in questo antico crocevia di culture e lingue.
Infatti, ubicato al centro di quella “via degli Abruzzi” (detta anche “via della lana”) che unisce Napoli a Firenze, allo scopo di evitare Roma e le insidie delle Paludi Pontine, Pescocostanzo, alla fine del 400, progredì economicamente e socialmente, grazie al commercio dei pregiati tessuti in lana, prodotti e magistralmente tinti, richiesti dalla ricercata sartoria fiorentina.
La crescita economica, da ricondurre all’industria armentizia, prima e all’impulso che i mastri lombardi dettero all’artigianato, in seguito, favorì incredibilmente l’elevamento culturale delle classi aristocratico-borghesi e non solo, tanto da far convergere qui il meglio dell’intellighenzia, per costruire e decorare tutto il pregevole patrimonio architettonico che ancora oggi è possibile ammirare.
Il rinnovamento urbano, risalente al periodo rinascimentale, coincise con il governo illuminato di Vittoria Colonna (1525 – 47), la cui visita ha ispirato l’evento culturale “Vittoria Colonna a Pescocostanzo”, performance organizzata allo scopo di riproporre un capitolo fondamentale, della storia di questo magnifico borgo.
La nobil donna, grande poetessa del 500, definita “la Petrarca al femminile”, nacque nel 1492, nel Castello di Marino (Colli Albani), da Agnese di Montefeltro (figlia di Federico, duca di Urbino) e da Fabrizio Colonna, uno dei più grandi capitani del suo tempo. Si unì in matrimonio con Ferdinando D’Avalos, marchese di Pescara, ma rimase vedova dopo pochi anni.
Dama romana e spagnola colta, risultò particolarmente preziosa, negli anni caratterizzati da feroci dissidi tra la chiesa e i Colonna e nonostante cercasse, in ogni modo, di mettere pace tra i due contendenti, fu costretta anche lei a fuggire da Marino a Napoli e poi ad Ischia. Durante il sacco di Roma, ebbe gran parte negli aiuti alla popolazione romana, ma, soprattutto, dette il suo contributo alla salvezza dello stesso Papa, ottenendo, perciò, in dono, il feudo di Pescocostanzo. Senza dubbio, si rivelò amministratrice benevola e saggia: sollevò la città dai contributi statali, le condonò i debiti pregressi ed approvò i Capitula e gli Statuta che la regolamentarono.
Soprattutto lasciò un segno indelebile, allorquando, pregiando il borgo di una sua visita, istituì, attraverso una lettera, datata 15 giugno 1535, un’autorità preposta al controllo della nuova edilizia. Nella missiva si leggeva: “se faccia electione de tre o quattro homini da bene li quali abbiano da aver notitia da quelli tali che averanno bisogno de loco per farse casa, et quelli soli cel habiano da consigliare dove et come meglior li parerà, et nessuno presuma farlo né pigliarlo senza expressa licentia et ordine delli predicti electi per la Univerità, li quali ex nunc noi confirmiamo, et alli dicti in ciò si habia da obedire et qualsivoglia presumerà controvenire incontrerà la pena diventicinque once et perderà…de posser edificare…”. La “Commissioine della Signora”, come venne definita, diede avvio ad un antesignano piano regolatore che condizionerà lo sviluppo di Pescocostanzo, nei secoli successivi, donandogli il caratteristico assetto urbanistico che ancora oggi conserva e che fungerà da eccellente scenario, alla rappresentazione itinerante di quella visita della Marchesa, alla quale Vi invitiamo ad assistere.